CITAZIONE
11/02/08
Into the wild - recensione
Into the wild è uno di quei film che si prestano molto facilmente a due chiavi di lettura.
Nellla prima chiave di lettura, il film si potrebbe riassumere in questo modo: un giovane arrogante e socialmente disadattato - senza amici, senza ragazza, immerso solo nei suoi libri e borioso abbastanza da citare autori sconosciuti ogni tre minuti - decide di scappare dalla sua famiglia subito dopo la laurea. Da' 20 000 dollari in beneficienza, ne brucia - letteralmente - altri 500, e parte. Direzione Alaska. Perché? perché vuole sentirsi libero dalle cose materiali e vivere nella natura selvaggia, e DELLA natura selvaggia. Nel perseguire il suo obiettivo, incontrerà molte figure positive (fricchettoni, vecchi militari, contadini), facendo molto male ad alcune di loro, solo per perseguire il suo falso sogno di libertà. La fine si potrebbe riassumere in un detto pisano molto in voga: l'hai voluta la bicigretta? O pedala ora! E non dico altro.
Una seconda chiave di lettura, più clemente nei confronti del protagonista, potrebbe mettere l'accento sul fatto che il giovine in questione parta per cercare una rinascita interiore che crede sia possibile solo con il contatto diretto della natura. Vuole una riscoperta di Dio che non sia solo attraverso i rapporti interpersonali (che lui reputa comunque incapaci di generare felicità, a causa della famiglia di merda che si è ritrovato), ma attraverso un panteismo di fondo, per cui Dio è in tutte le cose. Raggiungerà il suo obiettivo, quello di vivere in simbiosi con la natura, ma si accorgerà lui stesso alla fine che la natura è matrigna, non madre, e che la felicità non è tale se non è condivisa.
Lasciando da parte questi due pipponi che mi sono fatto, mi è piaciuto il film o no? Si, mi è piaciuto. E' girato benissimo, ci sono scene mozzafiato, la storia - che è una storia vera - è molto bella. Con elementi molto americani che temo vadano perduti alla maggior parte degli occhi europei (la mitologia del West, che vede l'Alaska come la vera ultima frontiera, la semplicità e la purezza del contadino conscio che la felicità sta nel non farsi seghe mentali indicibili...).
Non si arriva pero' mai ad empatizzare completamente con il protagonista. E questo mi ha sorpreso. Pensavo che mi sarei identificato completamente (anch'io un paio di volte sono stato li' li' per mandare affanculo tutti e partire, ma non ho avuto le palle (l'incoscenza?) per farlo). E invece no. Perché il personaggio è troppo integro. E' un santo moderno invasato, che calpesta tutto pur di arrivare in Alaska. Memorabili in questo senso sono il volto della ragazzina in California, emblema di ogni pianto adolescenziale alla fine di un amore estivo, quando sai, ne sei convinto, che non potrai sopravvivere, che tutto è perduto. Bravissima. E ancora il pianto dell'anziano soldato che lo aiuta ad arrivare in Alaska. Quando anche lui sa che tutto è perduto, che non c'è più tempo, che anche l'ultima occasione è ormai passata.
Ecco, forse il film sta tutto in questi due pianti: nel rifiuto del protagonista di accettare l'amore degli altri, trovato senza cercarlo, nella convinzione che la felicità sia altrove. Si sbaglia. E lo scoprirà. Ma come in tutte le storie vere - e non dimentichiamoci che questa lo è - se ne accorgerà troppo tardi.
Bello davvero. (Per le recensioni di altri film clicca qui)
PS: la musica, del cantante dei Pearl Jeam, Eddie Vedder, è spettacolare. Vi lascio il video della colonna sonora, dal quale potrete anche capire molto bene l'atmosfera del film
ho scelto questa recensione perche mi ci vedo molto! ho iniziato a vederlo Into the wild ed è meraviglioso........lunedi lo finiamo a vedere in classe!